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Se Monti vince le Primarie.

“Questa era eccezionale, ma non ve la racconto perchè non potreste capirla. Elsa, sei d’accordo vero? Smetti di piangere ora, però.”

Il bello della politica italiota è la strategia. Quella che praticamente nessuno distingue dalla tattica – tranne forse D’Alema –, perchè nessuno ha letto Clausewitz, o se l’ha letto non l’ha capito – come sicuramente D’Alema –. E sono convinto che le strategie perdenti adottate sino ad oggi sono solo frutto del caso – tranne quelle di D’Alema, acutamente studiate e perfettamente fallimentari –, ed è solo il destino cinico e baro che ci ha condotto dove siamo, nel limbo dell’eterna emergenza, della ricerca spasmodica di una salvezza dalla Crisi, delle riforme epocali. Sul terreno della tattica, insomma, più adatto alle illuminate menti di chi governa. Vabbe’, sempre escluso quello là.

Siamo ad oggi: dopo aver rinunciato ad una comoda vittoria elettorale in cambio di un governo tecnico in posizione minoritaria, il PD ha deciso di provare a perdere anche le primarie per la leadership del centrosinistra, rischiando di incrinare l’alleanza dell’area democratica e progressista®, prima ancora di costituirla. Spero che quello là, almeno stavolta, non pretenda la paternità della pensata, anche se sta facendo molto per dare una mano. Dopotutto siamo un partito responsabile, e vincere facile sarebbe antisportivo. E quindi Bersani contro Renzi, contro Puppato, contro Gozi, contro Mazinga. Tocca sperare che non si presenti Vendola, sennò i comizi durano quanto Woodstock.

Ma per fortuna la politica italiota è in fibrillazione, mariomonti ha dato la propria disponibilità a servire ancora il Paese, se serve. Continua a leggere…

Presto che è tardi!

Il giovane Jean-Charle De Borda, ufficiale del genio militare, esperto di sistemi elettorali a tempo perso. Si dice che non corresse buon sangue tra lui e Condorcet…

Houston, abbiamo un problema! Non saremo l’Apollo 13, ma questa può essere la migliore rappresentazione di quanto potrà accadere nei prossimi mesi, all’interno di tutti partiti, in previsione delle elezioni politiche del 2013.

Qual è il problema? È presto detto. Per legge, i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti non sono leggibili alle cariche di deputato senatore, a meno che non cessino le funzioni esercitate almeno 180 giorni prima della data di scadenza naturale del quinquennio di durata del Parlamento, tradotto in soldoni, questo vorrebbe dire che gli stessi dovrebbero presentare formali dimissioni prima di accettare la candidatura in Parlamento. E non è un problema da poco, visto che il problema riguarda tutto lo stivale, vedasi il caso Alemanno. Ma il problema riguarda anche il Partito Democratico, e qui sorge un problemino ulteriore. Houston, abbiamo due problemi!

Il Partito Democratico si è connotato sin dalla sua nascita come l’unico partito che abbia scelto consapevolmente meccanismi decisionali pubblici per l’indicazione di alcuni tipi di candidatura, ad oggi tuttavia, il meccanismo delle primarie non è stato ancora esteso ufficialmente alla selezione dei candidati di Camera e Senato: pesano in tal senso la volontà sempre manifestata di modifica della legge elettorale nazionale, la questione ancora non definita delle alleanze e una latente indisponibilità a delegare ai territori scelte che potrebbero acuire gli attriti tra le varie anime del partito, specie ai livelli più alti. Tuttavia, paradossalmente, l’ostacolo più concreto alla celebrazione delle primarie – che questo partito usa persino per decidere i suoi massimi dirigenti –, è un nemico peggiore, non politico, con il quale non si può scendere a patti: il tempo.

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