Presto che è tardi!
Houston, abbiamo un problema! Non saremo l’Apollo 13, ma questa può essere la migliore rappresentazione di quanto potrà accadere nei prossimi mesi, all’interno di tutti partiti, in previsione delle elezioni politiche del 2013.
Qual è il problema? È presto detto. Per legge, i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti non sono leggibili alle cariche di deputato senatore, a meno che non cessino le funzioni esercitate almeno 180 giorni prima della data di scadenza naturale del quinquennio di durata del Parlamento, tradotto in soldoni, questo vorrebbe dire che gli stessi dovrebbero presentare formali dimissioni prima di accettare la candidatura in Parlamento. E non è un problema da poco, visto che il problema riguarda tutto lo stivale, vedasi il caso Alemanno. Ma il problema riguarda anche il Partito Democratico, e qui sorge un problemino ulteriore. Houston, abbiamo due problemi!
Il Partito Democratico si è connotato sin dalla sua nascita come l’unico partito che abbia scelto consapevolmente meccanismi decisionali pubblici per l’indicazione di alcuni tipi di candidatura, ad oggi tuttavia, il meccanismo delle primarie non è stato ancora esteso ufficialmente alla selezione dei candidati di Camera e Senato: pesano in tal senso la volontà sempre manifestata di modifica della legge elettorale nazionale, la questione ancora non definita delle alleanze e una latente indisponibilità a delegare ai territori scelte che potrebbero acuire gli attriti tra le varie anime del partito, specie ai livelli più alti. Tuttavia, paradossalmente, l’ostacolo più concreto alla celebrazione delle primarie – che questo partito usa persino per decidere i suoi massimi dirigenti –, è un nemico peggiore, non politico, con il quale non si può scendere a patti: il tempo.