In Time, ovvero, vedete un altro film (e non leggete se volete proprio vederlo)

I minutemen erano miliziani delle Colonie Americane durante la Guerra d'Indipendenza, chiamati così perchè in grado di essere pronti alla battaglia in un minuto. Niccol ci mette due ore per non spiegarci perchè esistono e perchè nessuno ne senta la mancanza quando scompaiono.

Time is Money, diceva Franklin, ma chiunque conosca i Pink Floyd sa che sono due canzoni diverse: In Time parla di Justin Timberlake che ruba il tempo per donarlo alla Chiesa dei Santi dell’Ultimo Secondo, San Cesarini per gli amici. E frega due ore al sottoscritto.

In un mondo dove il tempo è davvero denaro, Andrew Niccol decide di raccontare la storia di un operaio maratoneta che decide di buttare giù il sistema, una volta folgorato sulla via di Damasco da un annoiato aspirante suicida che non sa come buttare il proprio tempo, e proprio per questo, si affida a Justin per farlo.

Con a disposizione più tempo di quello che avrebbe avuto lavorando per una vita intera da immortale, il destino cinico e baro si abbatte sul nostro protagonista: la madre muore a pochi secondi dalla salvezza – ah, se non gli avesse prestato quei 14 minuti e 9 secondi –, il migliore amico muore ingurgitando in un giorno un anno di alcol, forse dopo essersi reso conto, nell’unico momento da sobrio, di non avere sposato una svedese – ah, se non gli avesse regalato 10 anni per farlo vivere felice –, si innamora della figlia di un time-glionario che ha fregato a carte e comincia ad essere inseguito dallo Spavantapasseri di Batman.

E da qui parte Bonnie & Clyde meets Robin Hood meets The Island.

Ma non era meglio un bel Casio multifunzione? Almeno la retroilluminazione personalizzabile… Futuro di merda.

Come vedete ci sono tutti gli ingredienti per un film di Steven Seagal, ma purtroppo sullo schermo ci sono 4 attori (Timberlake, Seyfried, Murphy e Kartheiser, che già così sembrano la squadra di curling canadese) dalle facce cartonate, e del buon Steven nemmeno l’ombra: d’accordo che l’aspetto fisico in questo mondo rimane cristallizzato al momento dei 25 anni, ma qui stiamo esagerando.

Nota di merito per la Seyfreid, che nonostante gli occhi pallati da abuso di sostanze stupefacenti, riesce a correre senza sfracellarsi su tacchi da 15 centimetri.

Quindi ricapitolando, in un non meglio specificato momento, in un mondo dove i ricchi sono immortali e i poveri mortali vivono alla giornata (ahahahahah!), il tutto non si sa per quale strano motivo, dopo l’epifanica frase “per pochi immortali la maggioranza deve essere mortale”, Justin converte in quattro e quattr’otto la figlia del signorotto locale  alla causa dei disperati, facendola diventare una rapinatrice della propria eredità, il tutto dietro la promessa di una sveltina.

E questa è la trama.

Cioa sono il papà di Will, e la mia storia vi avrebbe potuto far capire qualcosa di questo film. Purtroppo lo sceneggiatore aveva lasciato i fogli sull'autobus e allora non sono stato inserito nel film. I maligni dicono che m'hanno tagliato perchè già pagavano troppi attori senza motivo.
Cioa sono il papà di Will, e la mia storia vi avrebbe potuto far capire qualcosa di questo film. Purtroppo lo sceneggiatore aveva lasciato i fogli sull’autobus e allora non compaio. I maligni dicono che m’hanno tagliato perchè già pagavano troppi attori senza motivo.

Cillian Murphy fa il timecop devoto al proprio lavoro e fedele al sistema, ma talmente pirla da non guardare l’orologio, Vincent Kartheiser fa il riccone che crede di battere con un tris di Q al flop, 4/5 di scala al texas hold’em, mentre si bulla di avere eoni di tempo al telefono, Alex Pettyfer il minuteman che ruba ai poveri per prendere per sé, ma almeno “combatte” prima di lasciarti morto.

Altra menzione d’onore per due attori che sono riusciti sicuramente a farsi pagare fior di denaro per apparizioni di pochi minuti (gli unici ad aver capito davvero lo spirito del mondo di In Time): Olivia Wilde, madre del maratoneta, e Matt Bomer, il riccone la cui mente voleva morire, causa scatenante di tutta la storia.

Non ci sarebbe altro da dire, vi basti sapere che tutta la pantomima, narrabile nella durata di un episodio di Futurama e con gli stessi disegni, va avanti due ore. Per un film in cui si parla dell’importanza del tempo, fanno di martedì, quattro euro e cinquanta. Una telefonata nel film costa un minuto, al cambio fanno 6 millesimi di euro, due caffè fanno 5 centesimi: non ho capito di cosa si lamenti Justin.

Ma qualcosa lo voglio aggiungere, sugli angoli oscuri del film, che sono la cosa a cui uno fa più caso, nel piattume di una storia che sai come finisce dopo 10 minuti:

la tecnologia: in un mondo dove sei programmato geneticamente per andare in scadenza al 25esimo anno, vai girando con delle Lincoln Continental elettriche che fanno il rumore delle Gig Nikko, rivestite in polistirolo matte-black, paghi brevi manu qualunque cosa (pure le auto), non hai un cavolo di cellulare

Ed ecco il nipote futurista di Al Cafone, che non è un berlusconiano passato a FLI, ma solo uno che ha sbagliato set credendo di girare Il Discorso del Re 2.

i vestiti: i ricchi vestono di nero, hanno macchine nere, i poveri vestono male e grigio con scarsi colori, i TimeCops portano l’impermeabile di Neo in Matrix, ma con un comodo gilet con zip se dovesse fare freddo. Le donne devono avere i tacchi, se devono correre. Il più figo è il cattivo che è pronto per la caccia alla volpe o il polo col principe di Galles

i dialoghi: al limite dell’idiozia, va bene che i ricchi non conoscono il ghetto, ma a parte le citazioni all’amatriciana di Darwin sono del tipo “ciao sono il finanziere cattivo e vi sfrutterò tutti perchè non servite a nulla”, quando si esagera – e sei donna – “oh, sono una vera ribelle, oh ti odio, oh rapiniamo insieme una banca e salviamo il mondo!”. Il marxismo spiegato agli alienati

i timekeepers: non si capisce cosa debbano fare, a parte mantenere l’equilibrio. Che per dire è quella cosa così cara a Ranieri, per cui quando perdi 2 a 0 metti un centrocampista come Poli al posto di una punta. Ma deve essere così importante che, come il tecnico dell’Inter, pure questi poliziotti del tempo confiscano tutto il tempo extra ai morti di fame che se lo ritrovano addosso (letteralmente)

il combattimento: lasciamo da parte che qui quando si spara si fa sempre centro, manco la Seyfreid fosse uno Spaccarotella qualunque, i combattimenti sono come i pagamenti, ma forzati: ci si tocca il polso e si vince il tempo dell’altro. Quindi l’hanno chiamato “braccio d’acciaio”, ma è come la zampa di ferro di Attila, e quando ti fanno quella mossa segreta col polso, non ce n’è per nessuno. E non è la cosa più stupida del film!!!

il padre di Justin/Will: lo conoscono tutti dal ghetto a New Greenwich, dai poliziotti agli operai. E’ morto non si sa come, non si sa perchè, ma deve essere la chiave del film. O del suo seguito, lo chiameremo “In Second”.

Sappiate che questo capolavoro doveva chiamarsi I’M.MORTAL. Immaginateveli gli sceneggiatori a darsi di gomito dopo una pensata del genere… Se non l’avete visto, andatelo a vedere solo se avete votato il PD di Veltroni, nel caso, siete abituati a cazzate peggiori.

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Una risposta a “In Time, ovvero, vedete un altro film (e non leggete se volete proprio vederlo)”

  1. stefano befi dice :

    I vicini si sono incazzati perché ridevo troppo forte stanotte 😀

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